Non tutti siamo nati sportivi, ma l’abilità di muoversi e usare il corpo nello spazio quello sì, è una caratteristica di tutti.
Quando guardiamo una partitella tra bambini o una corsa improvvisata su un campetto, non vorremmo mai e poi mai considerare quella performance all’interno di un programma di allenamento. Ciò che stiamo guardando è semplicemente gioco libero, puro divertimento; nessuno fa pressioni con il tempo, i report e i risultati.
Ma se chiedessi a uno di quei bambini in campo se per lui è importante vincere e dare il massimo fino ad esaurimento batterie, ti direbbe che sì, darà più del 100%.
Ed è evidente, perché in quel contesto i bambini non sentono né la sete né la fame. Perdono i confini del tempo e non si rendono conto del trascorrere delle ore. Non sentono la fatica né concepiscono l’idea di frenarsi per risparmiare energie per gli altri impegni della giornata. Tutto passa in secondo piano.
Anche se non sei più un bambino da molto tempo, sono certa che conosci ciò di cui sto parlando: non è forse questa la Zona, quell’esperienza di cui parlavamo la scorsa settimana e a cui ogni tanto gli sportivi accedono?
Ora, vista questa premessa e considerato che tutti abbiamo in qualche modo fatto esperienza dell’assenza percettiva di spazio e tempo, la prima conclusione che verrebbe da trarre è che la Zona non è appannaggio solo di qualche eccellente sportivo; è più una condizione naturale, a cui tutti possono accedere in totale assenza di preoccupazioni.
La seconda implicazione che sorge spontanea è più che altro una domanda: se la Zona è una condizione naturale di ogni essere umano com’è che crescendo, la sperimentiamo a tratti?
E se ti stai chiedendo come fare a ritornare a sperimentare quello stato di assoluta assenza di confini e aspettative, rimani connesso, ne parleremo la prossima settimana.